Il
Parlamento finì per rendersi conto dei rischi economici impliciti nella
commercializzazione del falso olio e vietò espressamente con una legge il processo
di esterificazione; nel 1960 ne emanò un’altra con una precisa
classificazione degli oli d’oliva sulla base delle proposte formulate
dall’Unione Nazionale Consumatori.
Per arrivare ai giorni nostri;
gli anni 90 sono stati scenario di ben precise norme sia nazionali che
comunitarie regolanti gli oli extra vergini, gli extra vergini DOP
(denominazione di origine protetta) e le produzioni biologiche.
Un
freno all’affermarsi di oli di qualità, si deve certamente al fatto che,
gli industriali oleari hanno trovato più conveniente comprare l’olio al sud
Italia o importare l’olio extra vergine dalla Spagna, dalla Grecia, dal
Portogallo e dalla Tunisia, dove costa anche il 50 per cento in meno,
mischiandolo eventualmente con una certa quantità di extra vergine italiano.
Inutile sottolineare che la qualità degli oli acquistati dagli industriali non
si avvicina neanche lontanamente alla qualità di un buon olio. Questo non esula
dal fatto che sia al sud Italia che all’estero ci sono produzioni di qualità
ma gli industriali acquistavano (e acquistano), prodotti qualitativamente
mediocri altrimenti non ne ricaverebbero ne ALTISSIMI GUADAGNI ne potrebbero
vendere un olio extra vergine al prezzo 8-9 mila lire alla bottiglia).
Vi
ricordiamo che per la normativa vigente la vendita di olio etichettato
come extra vergine di oliva proveniente da olive o olio acquistati all’ estero
e perfettamente legale quando le caratteristiche dell’olio siano
conformi alla normativa vigente sull’extra vergine
(Reg. CEE 2568/91).
Ciò
spiega perché in tutti questi anni i consumatori hanno potuto trovare gli oli
extra vergini a prezzi relativamente bassi; se si fosse trattato di oli italiani
sarebbero dovuti costare non meno di 12-25 mila lire al litro a seconda delle
qualità più o meno alta.
Da
qualche tempo, l’aumento del reddito, l’ampliamento della fascia di
consumatori diventati più esigenti e le proprietà che autorevoli ricerche
scientifiche ascrivono ai requisiti nutrizionali dell’olio d’oliva e al suo
ruolo di prevenzione delle malattie cardiocircolatorie, hanno spalancato la
porta agli extra vergini di qualità, agli extra vergini DOP, e agli extra
vergini biologici.
La
lunghissima battaglia per la qualità dell’olio dì oliva, dunque, ha dato i
suoi risultati, ma com’è intuitivo è tutt’altro che finita e secondo noi
sarebbe importante:
·
Indurre i produttori che possono vantare risultati di eccellenza del loro
prodotto a dichiarare in etichetta il punteggio assegnato dagli assaggiatori e/o
dalle analisi chimico-fisiche a beneficio del consumatore e come riscontro del
prezzo.
·
Moltiplicare le iniziative di informazione dei consumatori, a cominciare
dalle scuole, sulla base delle conoscenze merceologiche, nutrizionali, e
tecniche per radicare nelle abitudini alimentari il consumo di un prodotto
tipicamente nazionale al quale la scienza dell’alimentazione attribuisce
proprietà di prevenzione delle più diffuse tra le malattie cosiddette del
benessere.
·
Abituare il consumatore a chiedere al produttore o al commerciante, i
risultati delle analisi chimico-fisiche dell’olio che si acquista,
naturalmente, dopo aver fatto una corretta informazione in merito.
·
Cercare di produrre in modo naturale, cioè cominciare a pensare ad uno
sviluppo ecosostenibile. Il nostro ecosistema sta cambiando, sfido qualsiasi
agricoltore a non essersi accorto dello scempio di vite animali indotte dai
pesticidi e dall’inquinamento in genere. Dobbiamo cominciare a renderci conto
che stiamo assistendo solo ai primi effetti di mezzo secolo di ipersfruttamento
e inquinamento del territorio e crediamo sia giunta l’ora di porvi rimedio (cifrare la sezione sull’Agricoltura Biologica).
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